di Pamela Memè
Ormai avremo imparato tutti il motto episcopale che Joseph Ratzinger scelse nel momento della sua nomina come arcivescovo di Monaco e Frisinga: “Cooperatores veritatis”, collaboratori della verità, tratto dalla Terza lettera di Giovanni, al versetto 8.
Egli stesso spiegò tale scelta con queste parole: “Per un verso, mi sembrava che fosse questo il rapporto esistente tra il mio precedente compito di professore e la nuova missione. Anche se in modi diversi, quel che era e continuava a restare in gioco era seguire la verità, stare al suo servizio. E, d’altra parte, ho scelto questo motto perché nel mondo di oggi il tema della verità viene quasi totalmente sottaciuto; appare infatti come qualcosa di troppo grande per l’uomo, nonostante che tutto si sgretoli se manca la verità.”
Quello che mi piacerebbe condividere con voi in questo breve post è rendergli omaggio attraverso due semplici eventi del suo pontificato che personalmente mi hanno colpito molto e che, a mio modestissimo parere, hanno esemplificato la sua ricerca e applicazione della Verità.
Due eventi a mio avviso ancora poco evidenziati e che rivelano la portata della adesione di Ratzinger al suo motto di vita, tanto da farlo sembrare addirittura un rivoluzionario.
Mi riferisco all’omelia che tenne in occasione del giovedì santo dell’anno 2007 e alla canonizzazione di Santa Ildegarda di Bingen come “Dottore della Chiesa Universale”.
Partiamo dall’omelia del giovedì santo del 5 aprile 2007, mese in cui venne pubblicato il primo libro della trilogia su Gesù di Nazaret.
Dopo aver ricordato il significato della Pasqua ebraica, in cui l’agnello era simbolo della liberazione dalla schiavitù in Egitto, Papa Ratzinger inizia a illustrare il significato della nuova Pasqua cristiana. Ed è qui che enuncia una notizia inattesa e a mio avviso ancora oggi poco apprezzata per i suoi profondi risvolti dottrinali e teologici.
Egli cita infatti gli scritti di Qumran come le fonti che possono aiutare a risolvere l’enigma sul momento esatto della morte di Cristo e, quindi, sulla data reale in cui Egli celebrò l’ultima cena insieme agli apostoli, cena che si svolse il giorno prima della Sua crocifissione.
Secondo l’evangelista Giovanni, infatti, Cristo sarebbe morto nel momento esatto in cui, secondo la tradizione ebraica, nel tempio venivano immolati gli agnelli sull’altare; poiché tale rito si svolgeva durante la vigilia di Pasqua, la testimonianza di Giovanni dichiara che il Cristo celebrò l’ultima cena il giorno prima della vigilia, quindi non il giorno di Pasqua, come invece sostengono gli altri tre Vangeli.
Vi riporto le parole con cui Ratzinger spiega e chiarifica l’enigma:
“La scoperta degli scritti di Qumran ci ha nel frattempo condotto ad una possibile soluzione convincente che, pur non essendo ancora accettata da tutti, possiede tuttavia un alto grado di probabilità. Siamo ora in grado di dire che quanto Giovanni ha riferito è storicamente preciso. Gesù ha realmente sparso il suo sangue alla vigilia della Pasqua nell’ora dell’immolazione degli agnelli. Egli però ha celebrato la Pasqua con i suoi discepoli probabilmente secondo il calendario di Qumran, quindi almeno un giorno prima – l’ha celebrata senza agnello, come la comunità di Qumran, che non riconosceva il tempio di Erode ed era in attesa del nuovo tempio. Gesù dunque ha celebrato la Pasqua senza agnello – no, non senza agnello: in luogo dell’agnello ha donato se stesso, il suo corpo e il suo sangue. Così ha anticipato la sua morte in modo coerente con la sua parola: “Nessuno mi toglie la vita, ma la offro da me stesso” (Gv 10,18). Nel momento in cui porgeva ai discepoli il suo corpo e il suo sangue, Egli dava reale compimento a questa affermazione. Ha offerto Egli stesso la sua vita. Solo così l’antica Pasqua otteneva il suo vero senso.”
Papa Benedetto XVI ha dunque riconosciuto che Gesù celebrò la Pasqua secondo il calendario e le modalità della comunità di Qumran.
Ricordo ancora che questa dichiarazione venne presentata dai media portando l’attenzione sul fatto che Gesù fosse vegetariano… il che non è sbagliato, ma non è tutto e non è, a mio avviso, il fatto più rilevante!
Intanto iniziamo col dire che con tale dichiarazione Papa Benedetto XVI ha indotto lo sguardo di tutto il mondo a volgersi verso Qumran, laddove questo volgersi non risulta, ancora oggi, né un gesto semplice né comodo, ma sicuramente un gesto che punta a ricercare la verità sulla figura storica del Cristo.
Tale dichiarazione, infatti, può portare legittimamente a pensare che Gesù fosse appartenuto alla comunità degli Esseni e forse, nello specifico, al sottogruppo dei Nazareni.
Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire cosa sono gli scritti di Qumran e perché risultano così importanti.
Qumran è una località che si trova sulla riva nord-occidentale del Mar Morto, in Cisgiordania. In questo luogo, ricco di grotte naturali, tra il 1947 e il 1956 sono stati scoperti ben 900 manoscritti, noti come i “Manoscritti di Qumran” o “Rotoli del Mar Morto”.
Si tratta di testi di contenuto esclusivamente religioso scritti in ebraico, aramaico e greco, su pergamena e papiro, datati tra il 150 a.C. e il 70 d.C.
Essendo stati scoperti solo di recente, rappresentano un valore inestimabile in quanto non hanno subito le censure del tempo: si tratta di fonti originali e non manipolate dalla storia.
I Rotoli sono comunemente associati all’antico gruppo ebraico degli Esseni.
Contengono sia copie dei testi dell’Antico Testamento e suoi commenti, sia testi apocrifi, come il “Libro di Enoch”, sia manoscritti detti “settari” in quanto descrivono le norme e le credenze degli Esseni, come la Regola della Comunità, il Rotolo della guerra e la Regola della Benedizione, prima sconosciuti.
I manoscritti di Qumran sono ancora oggetto di studio e non tutti gli analisti si trovano d’accordo sulla loro interpretazione, così come pure sull’appartenenza di Gesù di Nazareth al gruppo degli Esseni e sulle influenze che tale gruppo avrebbe avuto sul primo cristianesimo.
Vi riporto solo alcune delle questioni ancora aperte e che Papa Benedetto XVI, nel già lontano 2007, ci ha spinto ad osservare per cercare di portare luce e verità su tali fatti.
Gli Esseni erano un gruppo di origine ebraica che viveva in comunità monastiche già dal II sec. a.C.
Secondo Epifanio – Padre della Chiesa che scrisse intorno al IV secolo d.C. – vi erano due gruppi di Esseni, gli Ossaeani e i Nazareni. A suo dire: “I Nazareni – erano Ebrei per provenienza – originariamente da Gileaditis [dove i primi seguaci di Yeshua fuggirono dopo il martirio di Giacomo, fratello di Gesù], Bashaniti e Transgiordani… Essi riconoscevano Mosè e credevano che avesse ricevuto delle leggi, ma non la nostra legge ma altre. E così, essi erano Ebrei che rispettavano tutte le osservanze ebraiche, ma non offrivano sacrifici e non mangiavano carne. Essi consideravano un sacrilegio mangiare carne o fare sacrifici con essa. Affermavano che i nostri Libri sono delle falsità, e che nessuno dei costumi che essi affermano sono stati istituiti dai padri. Questa era la differenza tra i Nazareni e gli altri…” (Panarion 1:18)
Quindi secondo la testimonianza di Epifanio, i seguaci di Gesù, dopo il martirio del fratello Giacomo, si sarebbero rifugiati proprio nel luogo di origine della comunità essena dei Nazareni.
Secondo Giuseppe Flavio – storico e condottiero ebreo con cittadinanza romana nato a Gerusalemme intorno al 37-38 d.C. e morto a Roma intorno al 100 d.C – vi era un “rango di Esseni” che si sposavano (Guerra 2.160-161) e pare che questo gruppo fossero proprio i Nazareni. L’eventuale appartenenza di Gesù a tale gruppo farebbe sorgere la domanda su un suo possibile matrimonio.
Sempre secondo Giuseppe Flavio gli Esseni, oltre a non sacrificare animali, non avevano schiavi e non erano armati, ma si servivano a vicenda e praticavano la comunione dei beni.
Inoltre era previsto che per ogni gruppo di 10 uomini vi fosse almeno un sacerdote, il quale veniva interrogato dai membri durante cene in cui si disponevano sulla tavola sia del pane sia del vino; il primo a toccare il pane e il vino doveva essere il sacerdote che li benediceva, quindi tutti gli altri commensali, che benedicevano anche loro il pane “ciascuno secondo la propria dignità”.
L’ultima cena celebrata da Gesù è quindi identica a quella Essena e non a quella di altri gruppi ebraici che invece immolavano l’agnello, così come ci ha indicato papa Ratzinger.
Il gruppo degli Esseni subì influssi esterni all’ebraismo, sia da parte delle tradizioni iraniche o parsi, sia dalle tradizioni buddiste sia dalle scuole filosofiche greche di tradizione pitagorica.
Al di là di dove porteranno gli studi su Qumran e sugli Esseni, senz’altro Papa Benedetto XVI vanta il merito di aver ripristinato un punto di verità sulla celebrazione della Pasqua svolta dal Cristo e di non aver voluto celare questioni ancora irrisolte ma di rilevante importanza per la fede cristiana.
Anche la canonizzazione di Santa Ildegarda di Bingen ha un che di sensazionale!
Ildegarda di Bingen è stata una monaca benedettina tedesca, di origine aristocratica, nata nel 1098 e morta nel 1179.
La sua principale peculiarità (perché ne aveva tante, di peculiarità!) fu che fin da bambina ebbe delle visioni che durarono tutta la sua vita e che decise di rendere pubbliche solo all’età di circa quarant’anni.
Oltre ad aver fondato il monastero di Rupertsberg a Bingen e successivamente un’altra abbazia a Eibingen, fu profetessa, guaritrice, erborista, naturalista, cosmologa, gemmologa, filosofa, compositrice musicale, poetessa e linguista.
Papa Ratzinger, nella sua “Lettera Apostolica” di canonizzazione del 7 ottobre 2012, ebbe a dire che la santa mistica contribuì “a migliorare la disciplina e la vita del clero”. Riuscì inoltre a ribaltare il concetto monastico prevalente fino ad allora, preferendo una vita di predicazione aperta verso l’esterno a quella più tradizionalmente claustrale.
Dopo che le sue visioni messe per iscritto furono avallate dal pontefice Eugenio III, cominciarono a diffondersi nel mondo cristiano, tanto da venire autorizzata dallo stesso papa a predicare in pubbliche piazze, chiese e cattedrali di molte città: unico caso di donna ad aver ricevuto un simile privilegio!
Divenne consigliera dei più noti e potenti uomini di quegli anni, tra cui anche l’imperatore Federico Barbarossa – che la invitò nel suo palazzo di Ingelheim per consultarla – e molti esponenti del clero.
Le Expositiones Evangeliorum contengono 58 sermoni di commento ai Vangeli diretti alle sue Consorelle.
Ai giorni nostri Ildegarda è nota soprattutto per il contributo che diede alla cura della salute con la sua opera Causae et curae (Libro delle cause e dei rimedi o Libro delle medicine composte), che racchiude la sua attività di erborista e medica: anche questa fu un’attività ai limiti del consentito e che, all’epoca, avrebbe potuto far accusare ogni altra donna di stregoneria.
Lo stesso Ratzinger, nel canonizzarla, ebbe a dire che la sua opera “…per quantità, vastità e varietà non ha paragoni con alcun’altra autrice del medioevo” e che “queste opere nascono da un’intima esperienza mistica e propongono una incisiva riflessione sul mistero di Dio.”
Scrisse infatti due scritti naturalistici, due raccolte poetiche, due vite di santi, vari testi religiosi, una settantina di testi di musica sacra, un libro contenente una lingua artificiale da lei inventata e due sono i testi relativi alle sue visioni.
Ildegarda, beatificata nel 1324, vide l’estensione del suo culto alla Chiesa Universale il 10 maggio 2012 per opera di papa Ratzinger, che il 7 ottobre dello stesso anno la proclamò Dottore della Chiesa universale.
Papa Francesco, il 25 gennaio 2021, ne ha istituito la memoria facoltativa per tutta la Chiesa universale, fissandola al 17 settembre.
Sempre nella Lettera Apostolica di proclamazione, dopo aver ricordato la vita della santa, papa Bendetto XVI ebbe a concludere:
“Perciò l’attribuzione del titolo di Dottore della Chiesa universale a Ildegarda di Bingen ha un grande significato per il mondo di oggi e una straordinaria importanza per le donne. In Ildegarda risultano espressi i più nobili valori della femminilità: perciò anche la presenza della donna nella Chiesa e nella società viene illuminata dalla sua figura, sia nell’ottica della ricerca scientifica sia in quella dell’azione pastorale.”
Non posso quindi che ringraziare papa Benedetto XVI nel cuore, per averci ispirato verso la ricerca di Verità!
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A questo link trovate l’omelia del giovedì santo del 5 aprile 2007:
A questo link trovate la Lettera Apostolica di canonizzazione di Santa Ildegarda:
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